Patty & Tony
21 dicembre 2013
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SAPORI DI SICILIA

La cassata siciliana (dal latino caseum, "formaggio") è una torta tradizionale a base di pan di Spagna farcito di ricotta zuccherata (tradizionalmente di pecora) e ricoperto di pasta reale, frutta candita e glassa di zucchero.

Le radici della cassata risalgono alla dominazione araba in Sicilia (IX-XI secolo). Gli arabi avevano introdotto a Palermo la canna da zucchero, il limone, il cedro, l'arancia amara, il mandarino, la mandorla. Insieme alla ricotta, che si produceva in Sicilia da tempi preistorici, erano così riuniti tutti gli ingredienti base della cassata, che all'inizio non era che un involucro di pasta frolla farcito di ricotta zuccherata. Nel periodo normanno, a Palermo presso il convento della Martorana, fu creata la pasta reale o Martorana, un impasto di mandorle tritate e zucchero che, colorato di verde con estratti di erbe, iniziò a decorare la parte esterna. Gli spagnoli poi introdussero in Sicilia il cioccolato (mescolate alla ricotta ci sono delle gocce di cioccolato) e il pan di Spagna. Durante il barocco si aggiungono infine i canditi. E fu così che la cassata assunse l'attuale aspetto di una opulenta costruzione baroccheggiante con una mezza dozzina di frutti canditi diversi.

Essendo la crema di ricotta molto amata dai siciliani, la troverete praticamente ovunque: bignè, cornetti, iris... non dimenticate di assaggiare un buon gelato alla cassata, magari dentro una bella brioscia (è così che i siciliani consumano il gelato)... non ve ne pentirete! 

 Il cannolo siciliano è descritto già dalle cronache di Marco Tullio Cicerone che, prima di diventare console romano, fu questore in Sicilia. 

Una leggenda narra che la nascita dei cannoli sarebbe avvenuta a Caltanissetta, l'antica "Kalt El Nissa", "Castello delle donne", sede di numerosi harem di emiri saraceni. Si ipotizza che le donne abbiano "inventato" il cannolo ad imitazione di un dolce arabo. Un'altra fonte, invece, tramanda che i cannoli siano stati preparati per la prima volta in occasione del Carnevale in un convento siciliano vicino a Caltanissetta.

Deliziosa e complessa la ricetta: la pasta è a base di farina, zucchero, uova e strutto, ma la peculiarità sta nel ripieno di crema di ricotta di pecora freschissima.

Per la decorazione vi sono alcune varianti, come l'uso dei pistacchi tritati, la ciliegina candita o la fettina di scorza d'arancia candita all'estremità e, per finire, una spolverata di zucchero a velo.

 

La frutta Martorana è pasta reale di mandorle presentata sotto forma di frutti (nelle forme e nei colori più realistici che si possa immaginare!).

La frutta Martorana deriva il suo nome e la sua origine dal convento omonimo in Palermo. La tradizione vuole che nel periodo normanno le monache abbiano preparato per la prima volta dei frutti (pare degli agrumi) che hanno poi appeso agli alberi in sostituzione di quelli già colti, al fine di arricchire l'aspetto del loro giardino durante la visita di un personaggio molto importante: un alto prelato o finanche un re. Da qui il nome dato all'impasto utilizzato: pasta reale.

In passato la frutta Martorana veniva appositamente preparata per alcune ricorrenze, in particolare per la commemorazione dei Defunti, occasione per far trovare i dolci ai bambini quale “regalo dei morti”, da loro lasciati durante la notte. Adesso la frutta Martorana viene associata al periodo natalizio, ma non mancherà di vederla esposta anche in estate nelle

 

La granita è un dolce tipico della Sicilia. In molte zone (specie nel catanese) viene accompagnata dalla brioscia, ma una buona granita dev'essere granulosa, quindi si serve solitamente nel bicchiere.

Le origini della granita risalgono alla dominazione araba in Sicilia. Gli arabi portarono con sé la ricetta dello sherbet (dal cui nome deriva il sorbetto), bevanda ghiacciata aromatizzata con succhi di frutta o acqua di rose. In Sicilia "i nivaroli" usavano la neve che d'inverno veniva raccolta sull'Etna, sui monti Peloritani, Iblei o Nebrodi e stivata durante l'anno nelle nivieri, apposite costruzioni in pietra erette sopra grotte naturali o artificiali. In estate veniva prelevato il ghiaccio formatosi per essere poi grattato e ricoperto di sciroppi di frutta o di fiori.

   

L'arancino è un'altra specialità della cucina siciliana. Si tratta di una palla di riso fritta, del diametro di 8-10 cm, farcita con ragù, mozzarella e piselli. Il nome deriva dalla forma e dal colore tipici, che ricordano un'arancia.

Sulle origini dell'arancino saltano fuori ancora quei buongustai degli arabi che erano soliti mangiare riso e zafferano condito con erbe e carne. L'invenzione della panatura nella tradizione viene fatta risalire alla corte di Federico II, quando si cercava un modo per recare con sé la pietanza in viaggi e battute di caccia. La panatura croccante, infatti, assicurava un'ottima conservazione del riso e del condimento, oltre ad una migliore trasportabilità. Può darsi quindi che, inizialmente, l'arancino si sia caratterizzato come cibo da asporto, possibilmente anche per il lavoro in campagna.

Le tipologie di arancino diffuse nell'agrigentino sono: al ragù o al prosciutto e mozzarella; per facilitare la distinzione quindi varia la forma dell'arancino: tondo al ragù, leggermente conico quello al prosciutto e mozzarella.

 

 

Da premettere che la prima testimonianza scritta sulla pasta che poi entrerà nella storia ha origini siciliane (Ne “Il diletto per chi desidera girare il mondo” o “Libro di Ruggero” pubblicato nel 1154, Al-Idrisi, geografo di Ruggero II di Sicilia, descrive Trabia, un paese a 30 km da Palermo, come una zona con molti mulini, dove si fabbricava una pasta a forma di fili chiamata itrya - dall'arabo itryah che significa "focaccia tagliata a strisce" - che veniva spedita con navi in abbondanti quantità per tutta l'area del Mediterraneo sia musulmano sia cristiano dando origine ad un commercio molto attivo).

La pasta alla Norma è un piatto di spaghetti conditi con pomodoro fresco, melanzane fritte a cubetti e basilico fresco; è assolutamente vietato grattugiarci sopra grana o parmigiano (formaggi polentoni… si rovina la pasta!): solo la ricotta salata può esaltare la prelibatezza di questa pietanza tipica della Sicilia!

Si chiama così perché il 26 Dicembre 1831 debuttava alla Scala di Milano “La Norma” di Vincenzo Bellini, il grande musicista catanese. L’interprete principale era il celebre soprano Giuditta Pasta (neanche a farlo apposta!). Ebbene i siciliani al gusto per la musica hanno sempre abbinato un’altra passione, quella per la buona tavola: così, mentre a Milano si festeggiava l’evento, a Catania si preparava  la “Pasta alla Norma”.  Era la raffinatezza dell’opera di Bellini celebrata in un piatto altrettanto “perfetto”.

Altre fonti farebbero risalire il nome ad una battuta di spirito del commediografo Nino Martoglio durante un pranzo che si sarebbe svolto nel 1920 a casa dell'attore Janu Pandolfini; pare che il Martoglio, dopo aver dato le prime forchettate ai succulenti spaghetti, si rivolse alla signora Saridda D'urso, moglie di Janu, ed esclamò per sottolineare la bontà della sua creazione: "Signora Saridda, questa pasta è una vera Norma!".

 

 

 

 

La pasta con le sarde è un piatto di mezzi ziti o spaghetti condito con sarde fresche, finocchietto selvatico, uva passa e pinoli. Esistono due varianti principali: quella della zona palermitana cosiddetta "in bianco" senza aggiunta di sugo di pomodoro, e un'altra diffusa nell'agrigentino in cui è previsto il concentrato di pomodoro nella fase di preparazione. Potrete trovarla (indipendentemente dalla zona dove la gusterete) passata nel forno (nel formato mezzi ziti) o servita direttamente spadellata.

 


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